Lungo le strade, sui balconi e alle finestre

In una Festa degli anni Ottanta si pensò di introdurre un cambiamento invece di realizzare la consueta mostra fotografica.  Al pittore Mauro Dallonda (abituale collaboratore della festa) fu affidato  il compito di dipingere sui muri del Borgo i personaggi più rappresentativi. L’intento era quello di offrire uno spaccato della realtà del quartiere. Ecco una piccola antologia di muraes di quell’anno presenti sui muri della Casa Bianchi, in piazzetta Ortaggi e in via Chiavica, prima che il tempo, ed eventuali ristrutturazioni, li facessero scomparire.

L’orchestra del Borgo

orchestra

La foto ritrae, insieme, il dipinto di casa Bianchi e uno scorcio di Via Ortaggi, con in penombra l ‘ indimenticabile Iolanda, seduta di frome alla sua casa, dove – sulla strada – impagliava le sedie. I personaggi ritratti sono i componenti della famosa “orchestrina” del Circolo che, lì, furoreggiava negli anni Cinquanta . Il primo a sinistra, col mandolino, è Mario Marchionni, meglio conosciuto come Mario dla Benda (un suonatore ambulante di professione. che girava per le trattorie del Borgo): al centro, con la chitarra,  La paca Valmaggi.  Alla batteria: Aldo Petroncini (gestore del Circolo 1° Maggio), specializzato anche come spassoso “rumorista” (sordini, imitazioni di strumenti…). Spesso  a loro si univa La cioca Lino Angelini (detto anche Scozzoli), che suonava il contrabbasso: ricordiamo uno scherzo – ai suoi danni – fatto da un burlone  che gli riempì di pipì lo strumento… lui continuava a strimpellare ma la musica usciva distorta…

venditori

Giovanni Benzi, “Zvan dei bomboloni“, (il dipinto si trovava vicino al portone di casa Bianchi), apparteneva ad una famiglia dedita alla produzione casalinga e alla vendita ambulate di dolciumi. La moglie, Rosa Marigniani, la Sorda, girava in spiaggia con la cesta piena di maritozzi, bomboloni, liquirizie… La sorella era la famosa Rosina de pount, che con la sua botteguccia alimentava la bramosia di tanti bambini. Altri nel rione facevano lo stesso mestiere (Bonci, Ruggero… ).

Le nostre Glorie

martiri

Con la Bandiera rossa la vento Mario cappelli, militante comunista, uno dei “tre martiri”: abitava in via Gervasoni, dietro la Marianna. Seduti, GinoMontanari Ciacareina e Ado Gasperoni Gasparoun (con il pugno alzato): testimoni di un’anarchia dal volto umano, ferma ma incapace di nuocere ad alcuno. Il disegno riproduce con molta fedeltà una foto storica di Gilberto Ceccarelli pubblicata nel libro “Rimini aperta” curato da Alberto de Giovanni, a sua volta figlio di Oberdan, un anarchico gentiluomo.

Professione lavandaia

lavandaie

Se agli inizi del secolo gli uomini del Borgo lavoravano come fiaccheristi, marinai, braccianti o pescatori, le donne,oltre a fare le azdore, praticavano, in molte, il mestiere di lavandaia. Il fiume, attorno al ponte di Tiberio, era un’unica grande distesa di panni al sole: lì tutte le borghigiane imparavano, a partire dalle proprie necessità, a fare il bucato. Poi, questo lavoro veniva anche fatto su commisione, fino a permettere al le più brave di trovare occupazione negli alberghi o presso famiglie benestanti. Le più famose fra loro: la Bireina, la Nina Cioda, la Bina, la Sterina.

muzio

Muzio Giolito è protagonista di una storia drammatica: fu uno dei 31 arrestati, tra socialisti ed anarchici, in seguito al delitto Platania. Innocente, venne scarcerato dopo alcuni mesi. L’esperienza lo segnò per tutta la vita: venne poi ricoverato in un ospedale psichiatrico e la sua esistenza fu un continuo tormento. Negli anni Cinquanta era diventato, per i bambini della piazzetta de fountanon, un personaggio familiare: se ne stava tutto il giorno seduto davanti alla sua casa a far compagnia ai piccoli borghigiani, recitando poesie scritte durante i lunghi ricoveri, peccato non aver più alcuna testimonianza di quegli scritti.

I marinai abitavano qui, tra San Giuliano e Borgo Marina

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Lui è Francesco Cichinoun, della famiglia Chierighini, proveniente dal Veneto, che prima risiedevano in Borgo Marina, tutti naviganti di lungo corso o pescatori. Francesco, durante l’ultima guerra, era imbarcato sul brigantino “Gesù e Maria”, che venne affondato da un sommergibile greco. Unici superstiti: Cichinoun e il Bellariese.Altri componenti della famiglia avevano questi soprannomi: Pasticer, Dimel, Dighedoun, Foza, la Mangia Bicier, La Foca, Morazdaverie.

Aglio, olio e malocchio

dolci
Notate i particolari : il gatto nero e l’aglio, simboli di un esoterismo alla buona. Si favoleggiava nel Borgo di una venditrice ambulame di frutta, conosciuta per altri motivi: toglieva il malocchio! Faceva grande uso, appunto, di corone di aglio (da mettere intorno al collo) e di olio da versare sull’acqua: inoltre provvedeva a strane misurazioni del corpo con lo spago, ecc. ecc. Tra le contrade erano numerose “qnelle che facevano le carte”: sapevano consolare chi era in cerca di facili sogni o di possibili spiegazioni! Nulla a che vedere con i “maghi” di oggi, che puntano a turlupinare i poveri ingenui.

Da vetturai a tassisti

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I fiaccheristi, i carrettieri e i maniscalchi non erano pochi. Quella volta abitavano, soprattutto. In piazzetta Bernardini, chiamata Gabena dal soprannome della famiglia che li possedeva case e stalle. Anche Gustavo Perazzini, un Gabena (a destra nel dipinto), apparteneva a quella dinastia. Con lui è ritratto Gino ad Manzena. un personaggio che sembra uscito dalle pagine di un romanzo ottocentesco: candido e semplice, a disposizione dei vetturai per qualsiasi piccola incombenza: non voleva essere pagato. Gli bastava stare con i cavalli perché amava tutti gli animali, ed era conosciuto anche come tosacani. Dal dopoguerra, pian piano, i “cavallari” si trasformarono in tassisti: e la Stazione di Rimini sembrava una succursale del Borgo.